Performance artLa performance art, resa in italiano come arte performativa, è un'azione artistica, generalmente presentata ad un pubblico, che spesso investe aspetti di interdisciplinarità. Una performance o azione può essere scritta seguendo un copione o non scritta, casuale o orchestrata attentamente, spontanea o pianificata, con o senza coinvolgimento di pubblico. Una performance può inoltre essere eseguita dal vivo o presentata tramite dei media. Il performer può quindi essere anche assente nel momento della presentazione. Un'azione performativa coinvolge generalmente uno o più dei quattro elementi base: tempo, spazio, Il corpo del performer, o in alternativa la sua presenza in un medium, e la relazione fra il performer e il pubblico. La performance d'artista può essere fatta in qualsiasi luogo e senza limiti di durata. L'azione di un individuo o di un gruppo in un particolare luogo e in un particolare lasso temporale costituisce l'opera stessa. Arti visive, arti performative e performance d'artistaIl significato del termine performance d'arte nel senso corrente è legato alla tradizione postmoderna nella cultura occidentale. A partire dalla metà degli anni sessanta, derivando spesso concetti dalle arti visive delle avanguardie storiche, la performance d'artista era tendenzialmente definita in antitesi al teatro, trasformando di fatto le forme artistiche ortodosse e le norme culturali. L'idea di base era quella di un'esperienza effimera e autentica sia per il performer che per il pubblico in un evento che non avrebbe potuto essere ripetuto, bloccato o comprato[1], e l'apertura di un ampio dibattito su come i concetti delle arti visive e i concetti delle arti dello spettacolo fossero utilizzati determinando i significati di una presentazione di performance d'arte[2]. StoriaLa performance art, nell'accezione normalmente utilizzata, inizia ad essere identificata negli anni sessanta, con il lavoro di artisti come Allan Kaprow, che coniò il termine happening, Carolee Schneemann, Charlotte Moorman, Yōko Ono, Yayoi Kusama, Vito Acconci, Hermann Nitsch e Joseph Beuys, Wolf Vostell e Nam June Paik. I teorici della cultura occidentale spesso fanno risalire le attività della performance art agli inizi del XX secolo. I Dadaisti ad esempio, ne furono degli importanti progenitori, con le loro esibizioni non convenzionali di poesia, tenute spesso al Cabaret Voltaire di Zurigo da Richard Huelsenbeck, Tristan Tzara e altri. Alcuni artisti performativi si rifanno ad altre tradizioni, che vanno dai rituali tribali, dalle leggende (come il caso di Legarsi alla montagna) di Maria Lai, agli eventi sportivi. L'attività della performance art non è confinata alla tradizione artistica europea; molti esponenti notevoli si possono trovare in Asia, America Latina ed altre parti del mondo. GeneriI generi o correnti della performance art comprendono: body art, fluxus, poesia d'azione, e intermedia. Alcuni artisti preferiscono usare il termine live art, action art, intervenzione o manoeuvre per descrivere le loro attività. In alcuni casi si coinvolge il pubblico per denunciare, ad esempio una situazione di degrado, come nel caso del fotografo e performer Augusto De Luca, che ha organizzato una partita di golf nelle buche stradali di Napoli[3]. Lo Sniggling è una forma attivista e ingannevole di performance art pubblica, che viene tipicamente svolta in una forma che non rende immediatamente ovvio che si sta svolgendo una performance. Assolutamente singolare è la Danger music, i cui performer mettono in atto spettacoli in cui utilizzano strumenti che feriscono loro e il pubblico. Particolare fu il caso di Yamantaka Eye, che guidò un bulldozer nel retro del locale in cui si esibiva. Endurance art![]() L'endurance art (arte di resistenza) è un tipo di arte performativa che implica una qualche forma di difficoltà, come il dolore, la solitudine o l'esaurimento[4]. Le performance che si concentrano sul passaggio di lunghi periodi di tempo sono anche note come arte duratura o performance durature[5][6]. Le gare di resistenza umana erano una moda degli Stati Uniti durante la Grande depressione, dagli anni '20 agli anni '30[7]. Lo scrittore Michael Fallon fa risalire il genere dell'arte di resistenza al lavoro di Chris Burden in California negli anni '70[8]. Burden trascorse 5 giorni in un armadietto in Five Day Locker Piece (1971), si fece sparare in Shoot (1971) e visse per 22 giorni in un letto in una galleria d'arte in Bed Piece (1972)[9]. Altri esempi di arte di resistenza includono One Year Performance 1980–1981 (Time Clock Piece) di Tehching Hsieh, in cui per 12 mesi ha timbrato un cartellino ogni ora, e Art/Life One Year Performance 1983–1984 (Rope Piece), in cui Hsieh e Linda Montano hanno trascorso un anno legati l'uno all'altra da una corda di 2,4 m[10]. In The House with the Ocean View (2003), Marina Abramović ha vissuto in silenzio per 12 giorni senza cibo né intrattenimento su un palco completamente aperto al pubblico[11]. Tale è la resistenza fisica richiesta per alcuni dei suoi lavori che nel 2012 ha allestito quello che ha chiamato un "campo di addestramento" a Hudson, New York, per i partecipanti alle sue performance con più persone[12]. I nove confini o La privazione della libertà è un'opera concettuale, di resistenza e performativa di contenuto critico e biografico dell'artista Abel Azcona. L'opera d'arte era una sequenza di performance realizzate tra il 2013 e il 2016. Tutte le serie avevano un tema di privazione della libertà. La prima della serie è stata eseguita da Azcona nel 2013 e intitolata Confinement in Search of Identity[13]. L'artista doveva rimanere per 60 giorni in uno spazio costruito all'interno di una galleria d'arte di Madrid, con scarse risorse alimentari e in totale oscurità. La performance è stata interrotta dopo 42 giorni per motivi di salute e l'artista è stato ricoverato in ospedale[14]. Azcona ha creato queste opere come una riflessione sulla sua malattia mentale, essendo uno dei suoi temi ricorrenti[15]. Galleria d'immagini
Note
Bibliografia
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