Miniatura bizantina del X secolo dai Theriaká nicandrei, modello di Macro
Emilio Macro nacque a Verona[2] e fu, probabilmente, in buoni rapporti con i maggiori poeti augustei: infatti, Virgilio lo avrebbe celebrato nella V Bucolica con il nome di "Mopso", indicandone, con lo pseudonimo mitologico, la capacità tecnico-didascalica legata alla descrizione della natura[3]. Ancora, fu amico di Ovidio[4], al quale avrebbe letto, in anteprima, passi dei suoi poemi e da cui fu scherzosamente rimproverato di non dedicarsi alla poesia erotica[5] e, forse, di Tibullo[6].
Da san Girolamo si apprende, infine, che sarebbe morto in Asia nel 16 a.C., forse seguendo un proconsole[7].
Per quanto concerne il poema sugli uccelli, è attestato il titolo Ornithogonia[9], mentre un Theriaca, in due libri[10], si dedicava, probabilmente, ai serpenti ed alle erbe medicamentose ricordati da Ovidio[11]: se ne può avere un'idea in base ad una sezione della Pharsalia di Lucano. Infatti, all'interno del nono libro del poema, la parte che tratta dei serpenti velenosi di Libia è indicata dai commenti antichi come influenzata proprio da Macro[12].
Al contrario di altri poeti didascalici di questo periodo (soprattutto Virgilio e Lucrezio), dunque, Macro si dedicò esclusivamente a temi di carattere prettamente specialistico, con un linguaggio spesso tecnicistico e humilis[8] che, probabilmente, ne decretò la scomparsa[13].
Note
^Si tende a ritenerlo più anziano di Ovidio, in base a Tristia, IV 10, 44.