Il Codex Calixtinus, conosciuto anche con il nome di Liber Sancti Jacobi ("Libro di San Giacomo"), è un insieme di testi in onore di san Giacomo maggiore e del suo culto compostellano.
I testi sono di varia datazione e provenienza, indicati come composti all'inizio del XII secolo, ma la redazione del codice si situa tra il 1139 e il 1173. Il Liber contiene, in 5 libri e un'appendice, testi di vario genere collegati alla figura di san Giacomo maggiore e al pellegrinaggio a Compostela, ed è praticamente la sintesi del corpus dottrinario, ideologico e liturgico su cui si fondò il culto dell'apostolo.
Culto particolarmente importante e divenuto in quell'epoca di forte rilevanza politica, se si tiene conto che il corpo dell'apostolo Giacomo era l'unico a non essere deposto a Roma, e che per questa presenza il culto apostolico faceva di Compostela, ascesa a sede arcivescovile nel 1121, una sorta di sede apostolica, nel momento in cui la presenza dei papi a Roma si faceva più vacillante. Il codice, rubato dall'archivio della Cattedrale di Santiago di Compostela il 3 luglio 2011[1], è stato recuperato dopo circa un anno, il 4 luglio 2012, in un garage nei pressi di Santiago a conclusione di un'indagine che ha portato all'arresto di quattro persone[2].
La paternità del Liber Sancti Jacobi è attribuita dalla tradizione, testimoniata in una bolla aggiunta in appendice al codice stesso, a papa Callisto II ed è questa la ragione per cui il codice che lo contiene venne detto Calixtinus. Erano, quelli, tempi in cui non si andava troppo per il sottile, nelle falsificazioni di documenti che dovevano essere ufficiali e solenni e fondare poteri, possessi e giurisdizioni: basti ricordare, per tutti, la Donazione di Costantino e lo Pseudo-Isidoro.
La bolla, attribuita ad Innocenzo II, era falsa anch'essa, ma serviva ad anticipare la datazione dell'opera (conferendole così maggiore autorità), ad incardinare il culto compostellano nell'orizzonte politico dei duchi di Borgogna, alla cui famiglia apparteneva Callisto II, e degli ambienti cluniacensi, la cui potenza stava crescendo all'epoca in Francia e non solo, e, apparentemente, ad accreditare in Aymeric Picaud, chierico compostellano o di Vézelay (abbazia benedettina che stava passando ai cluniacensi, appunto), il chierico indicato come suo responsabile e depositario presso la cattedrale di Santiago.
Per questa via, Aymeric fu considerato per molto tempo il vero autore, o almeno il "caporedattore" del codice, anche se oggi ne è incerta fin l'esistenza storica, e si tende a considerare il Codex come prodotto direttamente nello scriptorium di Compostela, seppur nell'ambito della cultura cluniacense. Del manoscritto originale conservato negli Archivi della cattedrale di Santiago, composto da 225 fogli recto/verso, si conoscono le seguenti copie principali:
Altre copie sono citate, a Pistoia (Archivio di Stato) e a Madrid (Biblioteca nazionale). Dal Liber Sancti Jacobi derivarono inoltre molti altri manoscritti che ne riproducevano e diffondevano singoli libri, in particolare il secondo, dedicato ai miracoli, e il quarto con la Cronaca di Turpino. Il Codex Calixtinus è stato tradotto integralmente in Italiano, per la prima volta, a cura di Vincenza Maria Berardi. Il volume ha un'ampia introduzione della stessa autrice ed una presentazione a cura di Paolo Caucci von Saucken[3].
L'ordine in cui sono organizzati i libri non segue l'ordine di creazione dei materiali che li compongono, ma l'ordine d'importanza degli argomenti trattati, ai fini della glorificazione del santo e del suo culto.
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